Annales Camaldulenses ordinis Sancti Benedicti quibus plura interferuntur tum ceteras Italicomonasticas res, tum historiam ecclesiasticam remque diplomaticam illustrantia..
Le origini del monastero di Fonte Avellana, situato alle pendici boscose del monte Catria, si collocano alla fine del X secolo, intorno al 980, quando alcuni eremiti scelsero di costruire le prime celle di un eremo che nel corso dei secoli diventerà l’attuale monastero, sotto l’influenza di San Romualdo di Ravenna, padre della Congregazione benedettina camaldolese, già attivo fra il X e l’XI secolo in zone vicinissime a Fonte Avellana. Lo sviluppo di Fonte Avellana iniziò con San Pier Damiani al quale si devono non solo il nucleo originario della costruzione, ma più ancora l’impulso spirituale, culturale e organizzativo che resero l’eremo centro d’attrazione e di diffusione della vita monastica, culturale e sociale del centro Italia. In questo eremo, infatti, si formarono circa cinquanta vescovi e un folto stuolo di monaci noti per santità e dottrina. Eretta abbazia nel 1325, Fonte Avellana divenne una potenza socio-economica e, di lì a poco (1392) conobbe la pratica delle commende (XIV – XV sec.), fino a quasi tutto il 1700. I commendatari, tra i quali, anche, il cardinale Giuliano della Rovere (poi papa Giulio II), se da un lato lasciarono segni di carattere edilizio ed abbellimenti del tutto degni di nota nella fabbrica del monastero, allo stesso tempo, però, crearono i presupposti per la lenta, ma inesorabile, decadenza della sua vita monastica. Tale declino si concluse con la soppressione napoleonica del 1810 e di lì a poco con quella italiana del 1866. Fonte Avellana, tornata ai monaci camaldolesi, ha ritrovato oggi, oltre alla bellezza austera delle sue strutture architettoniche (sec. X – sec. XIX) ormai interamente riportate alla loro bellezza primitiva, anche quella fede e quella cultura che l’hanno contraddistinta fin dalle sue origini. Ricco e celebre è il patrimonio archivistico e bibliografico in questo contenuto. Tra i molteplici pezzi di pregio si annoverano i pregevoli “Annales Camaldulenses”, oggetto di digitalizzazione.